Si raggiunge l'abitato di
Bessude
e parcheggiato le auto nella via che costeggia la rinascimentale chiesa di S. Maria
de Runaghe (ingresso per Bessude, subito dopo il campo sportivo).
La visita prevede
l'osservazione
del paese e di alcuni suoi monumenti principali le cui notizie sono state rilevate
dalla recente tesi di laurea di Daniela Cabras, studio attento e puntuale del medioevo bessudese.
Ogni elemento principale verrà descritto nelle schede allegate.
Che non lontano dalla chiesa di S. Maria vi fosse un nuraghe non vi è dubbio, sia per l'intestazione del luogo sacro
(de Nuraghe) sia per la diffusa presenza di massi basaltici. Una ampia presenza di frammenti ceramici ed alcune tombe
ipogeiche, poste di fronte al cimitero, indicano anche la presenza di un villaggio, probabilmente abbandonato in
epoca non precisata, forse altomedioevale (Daniela Cabras ha trovato cocci riferibili a epoca romana); i suoi
abitanti, trasferiti nell'attuale Bessude, hanno comunque mantenuto il contatto con la chiesa che diventa così un
santuario.
Procedendo verso l'abitato si incontra nella periferia sud la chiesa romanico-gotica di S. Leonardo
(Santu Nenaldu), antica parrocchiale recuperata in questi ultimi decenni dallo stato di abbandono e di rovina.
In passato la chiesa si trovava ai margini del nucleo abitato, modello che doveva essere comune nel medioevo;
infatti lo ritroviamo anche a Thiesi, Torralba, e forse in altri centri dove lo sviluppo urbanistico ne ha
cancellato il ricordo.
Entrati nel centro abitato, non è difficile riscontrare i limiti del villaggio medioevale
e l'espansione avvenuta dopo la costruzione della nuova parrocchiale di San Martino (1620); espansione che si
conclude a est con l'elevazione della chiesa di Santa Croce che avviene prima del 1688, data di una relazione
arcivescovile che ne indica la presenza
(*).
Lo sviluppo urbanistico rinascimentale è riconoscibile per la
presenza di vie regolari, più o meno dritte e più lunghe e più ampie delle precedenti; queste, nella zona
nord, probabilmente, si incontrano e si fondono con un antico nucleo abitativo creato da famiglie provenienti
da altri villaggi abbandonati o distrutti (Mogoro, Sustana, Runages, Fumari, ecc). Tale supposizione si basa
sul fatto che gli abitanti ospiti, chiamati mal'accudidos - ovvero pervenuti (accudidos) a causa di una situazione
negativa, erano soliti non mischiarsi con i residenti per cui creavano delle cellule ai margini del centro abitato;
da considerare inoltre che in questo nucleo appartato (via Mazzini e pertinenze) si trovino
architravi decorati
databili al 1500-1600, epoca corrispondente all'ampliamento intorno alla chiesa di San Martino, mentre la zona
in oggetto viene raggiunta dallo sviluppo urbanistico del 1700-1800, quando ormai tali decori non erano più in uso.
Durante la passeggiata all'interno del centro storico è possibile osservare
tipologie costruttive del passato,
elementi accessori in legno (porte, portelloni, ecc), in pietra (cornicioni, architravi decorati, ecc.), in
ferro (inferriate, mezzelune di sovrapporta, supporti per pergolati, ecc.).
Tra i manufatti in ferro sono presenti
alcuni originali mensole ricurve, poste ai lati del davanzale delle finestre dei piani superiori ed utilizzate
per esporre i prodotti campestri al sole e all'aria. Vengono chiamati puddos, in quanto hanno l'estremità
generalmente in forma di uccello, ma non mancano altre figure di animali; a Bessude si ritrovano due rare
immagini di testa di cervo: uno visto di fronte e uno di fianco. Percorso il paese in direzione nord, ci si
ritrova nella periferia dove si imbocca una mulattiera che, costeggiando una vallata che in passato era ricca
di frutteti, ci porta verso il nuraghe e la chiesa di Santu Teadoru.
Dopo la visita, si ritorna al paese per
vedere "sa rughe de sa pedra", una colonna con sopra i resti di una statua (forse l'Immacolata Concezione)
posta a protezione del paese in uno degli ingressi del paese, quindi si va alle auto per ritornare a Thiesi.
Se il tempo lo permetterà, si farà la visita ai ruderi di San Sisto e Santa Barbara, chiese (apparentemente
medioevali) appartenenti al distrutto villaggio di Mogoro.
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Schede di alcuni monumenti di Bessude.
Le schede sui principali monumenti, che si potranno osservare durante l'uscita di domenica, servono ad informare
il visitatore in modo sintetico degli elementi in oggetto; attraverso le schede è però possibile verificare come le
informazioni raccolte sono un insieme di pezzi che consentono di costruire ipotesi altrimenti prive di fondamento.
Nel lavoro di ricostruzione, naturalmente, si tiene conto delle informazioni storiche (ricerca di documenti),
delle testimonianze orali (interviste agli anziani), delle ricerche archeologiche (scavi e/o raccolta di materiale
presente sulla superficie), di studi e situazioni similari. Le ipotesi avanzate, seppur supportate da buone
motivazioni, restano però tali, e pertanto possono essere modificate al presentarsi di nuovi elementi o di nuovi
interpretazioni.
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Chiesa di Santa Maria de Runaghe.
Si trova nell'agro, non lontana dal centro abitato in direzione sud-est, quasi adiacente alla provinciale
Thiesi-Bessude-Siligo. Attualmente, nonostante manchino documentazioni che lo attestino, uno studio recente
ipotizza la presenza di un piccolo centro medioevale e la ricerca di Daniela Cabras
(*).
ha riscontrato una
diffusa presenza di ceramica romana; a questo punto una verifica archeologica dovrebbe dare risposte più precise.
L'edificio
appare di costruzione gotico-rinascimentale in quanto ha il presbiterio voltato a crociera con
costoloni e
chiavi pendule
tipicamente gotiche, mentre in facciata era presente un timpano posto sopra la porta
principale, cancellato da un intervento di restauro
(**).
La larghezza interna porta a pensare che si tratti di un
piccolo edificio romanico, o addirittura altomedioevale, ampliato in lunghezza. Alla costruzione principale sono
stati aggiunti dei vani di difficile datazione avendo subito restauri che ne hanno mascherato la struttura:
a) una cappella posta a destra prima del presbiterio con altare che potrebbe essere ottocentesco;
b) a sinistra del presbiterio vi è la sacristia priva di elementi che consentano una minima datazione.
Dai dati in possesso si è ipotizzata la seguente situazione: presenza di un insediamento preistorico,
confermato dalla necropoli ipogeica (domus de Janas) posta a sud-est (fronte cimitero) e dai massi ciclopici
inseriti nei muretti a secco a nord-est; continuò in epoca punico e romana (cocci trovati dalla Cabras *)
e fu abbandonato nella fase finale del primo millennio. L'edificio sacro, essendo diventato un santuario di
riferimento della popolazione bessudese, fu mantenuto in uso; ristrutturato forse in epoca romanico-giudicale
e ampliato alla fine del 1500 e nei secoli successivi.
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Chiesa di San Leonardo.
L'antica parrocchiale inizia a perdere l'attenzione del paese dopo la costruzione della nuova avvenuta nel 1620,
per cui si avviò un lento ma inesorabile declino che la ridusse ad un rudere già alla metà del 1800 (il Casalis
la indica rovinosa) nonostante nel 1834 in una relazione parrocchiale
(*).
sia presente come chiesa pertinente al
cimitero e quindi ancora in uso. La buona qualità della muratura ne permette la conservazione della struttura
portante e di alcune volte sino ai nostri giorni. In un articolo del 1951 della Nuova Sardegna l'architetto
benedettino padre Agostino Lanzani la indica come un bell'esempio di architettura romano-gotica
(*);
e nel 1955,
un altro articolo della Nuova, a cura dell'arch. Vico Mossa, ne evita la distruzione disapprovando l'idea
dell'Amministrazione comunale di costruirvi un asilo
(*).
Un restauro, voluto negli anni 80 dall'allora sindaco
Cabras e durato un paio di decenni, ha consentito di riportare
il monumento
all'attenzione e alla fruizione del
paese.
Gli elementi architettonici più evidenti di questa chiesa portano ad indicarne la costruzione in epoca
gotico-aragonese (XV-XVI sec.):
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le volte a crociera costolonate e provviste di chiave pendula decorata;
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l'arco di trionfo (quello che separa il presbiterio, dove stanno i preti, dall'aula, dove si collocano i
fedeli) riporta i modelli gotico-aragonesi e le due mensole-capitello non lasciano dubbi sull'appartenenza
alla stessa tipologia;
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gli architravi delle tre porte hanno anch'essi decori tipicamente gotici.
Eppure una analisi più approfondita lascia trapelare alcuni indizi che ne indicano l'appartenenza a epoca
precedente, presumibilmente, romanico-giudicale (XI-XII sec.):
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la tecnica costruttiva della parte anteriore sembra più antica di quella posteriore;
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la mancanza di aperture che ne illuminino l'interno.
Si tratterrebbe quindi di un edificio romanico-giudicale ad aula absidata (una stanza lunga con grande nicchia
semicircolare su un lato breve), diventato
tri-navato
in epoca tardo-romanica (all'aula sono stati aggiunti
due corridoi laterali), ed allungato posteriormente in epoca aragonese e spagnola. L'aggiunta di diverse volte
a crociera (prima doveva essere coperto a capriate di legno) ha richiesto l'elevazione aggiuntiva dei muri
perimetrali che ancor oggi è visibile nella lettura della tessitura muraria; non è stato però possibile
costruire le volte della parte centrale in quanto avrebbero richiesto l'aggiunta di elementi strutturali con
impegni tecnologici e finanziari allora non disponibili.
Alla rigidità e semplicità dell'esterno (di tipologia romanica) si contrappone un interno movimentato dalle
arcate ogivali e dalle volte a crociera; non mancano le decorazioni a rilievo riconducibili all'intervento
gotico-aragonese:
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gli angeli affrontati in volo che reggono uno scudo araldico (senza stemma) nelle due
mensole-capitello dell'arco di trionfo (a sinistra, con abbigliamento ricco e vaporoso; a destra,
semplice e povero);
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le
chiavi
di volta
pendule con immagini di santi
(S.
Leonardo,
barbuto con giacca
e borsa pendente dalla cintura; ha in mano le catene dalle quali liberò i prigionieri;
S. Antonio abate con barba incolta e ampio manto e forse un bastone; ai suoi piedi il fedele porcellino);
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le mensole capitello delle arcate sono decorate con una successione di foglie. Dalla relazione dell'architetto
Sussarellu che ha curato il progetto di restauro (primi anni 80 del 1900), si rileva la presenza di una
balaustrata in due cappelle di destra, la 1° e la 3°; purtroppo gli elementi di pietra che la componevano non
sono stati riutilizzati e sono abbandonati all'esterno.
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Chiesa di San Martino.
Nei primi decenni del 1600 (l'Angius indica il 1620) si costruì la nuova parrocchiale con i gusti tardo
rinascimentali che si andavano diffondendo nella provincia dopo essere stati importati per la prima volta a
Sassari nella costruzione delle chiesa di Gesù, e Maria (ora S. Caterina) alla fine del 1500 dai Gesuiti.
Come a Sassari, permangono elementi gotici che si fondono con quelli classico-rinascimentali.
La
facciata,
risponde alle novità stilistiche, ed è quindi a capanna con al centro il portone principale costituito da
due lesene (finti pilastri leggermente sporgenti dalla linea di facciata) con sopra un architrave 'timpanato',
ovvero uno spazio triangolare chiuso da una cornice modanata. In asse, ma più in alto, si apre una finestra
con cornice rettangolare e con luce arcata.
L'interno evidenzia il sincretismo stilistico (la miscela di stili
diversi) tipico del 1600: l'aula ha volte a botte con lunghe lunette che le fanno apparire quasi a crociera, e
le cappelle laterali hanno volte a botte ma semplici.
Il presbiterio, a pianta quadra, ha volte a crociera
costolonate, peducci e chiave pendula, com'era in uso nel gotico; ciò dimostra la difficoltà di applicazione
delle nuove idee e la resistenza a mantenere modelli consolidati
(***).
Sull'altare maggiore vi è una grande
pala d'altare dipinta con la scena di San martino che dona metà del suo mantello; in un cartiglio posto in
basso si indica che l'opera è stata eseguita l'8 luglio del 1863, quindi 16 anni dopo la costruzione della
chiesa.
Nella parrocchiale riposano il famoso latinista abate Carboni e l'arcivescovo mons. Cabras.
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Santa Croce.
Da una relazione episcopale del 1688
(*)
risulta edificata per cui si presuppone che sia antecedente a tale data
come conferma l'analisi strutturale: ha
la facciata a capanna con cuspide timpanata;
l'interno è ad aula con
presbiterio della stessa larghezza, voltato a botte con piccole lunette costruite in funzione delle alte finestre.
Conserva due altari, quello principale e uno secondario sulla parete sinistra, di tipologia classico-barocca,
decorati in finto marmo.
La pavimentazione in ottagoni di ardesia e tozzetti di marmo chiaro si riferisce a un
rifacimento successivo al 1824 in quanto a tale data risulta "a contoni" di pietra nella relazione parrocchiale
(*);
nella stessa si indica la chiesa riedificata nel 1808, data di probabile ricostruzione della volta che oggi
risulta infatti in parte di calcare (parte antica) e in parte di pietra vulcanica (parte riedificata).
La sacristia, posta a sinistra del presbiterio, ha nella porta esterna un
architrave
con una scritta in parte
abrasa: "Baingio Desera" scritta per tutta la lunghezza, e sotto "1..89"; se il secolo è il '600, dovrebbe
trattarsi del 1689, quindi quest'ambiente, voltato a padiglione, è stato aggiunto dopo la visita pastorale.
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Santu Teadoru.
Ciò che resta dell'antica chiesetta campestre
di Santu Teadoru (san Teodoro) è dislocato a breve distanza
dall'omonimo
nuraghe,
l'una a destra, e l'altro a sinistra della mulattiera che da Bessude porta in direzione
di Siligo, parallelamente alla provinciale.
La pianta è rettangolare con porta laterale a destra, vicina a quella principale; si conserva la strutturamuraria
quasi completa anche se variamente degradata e in alcuni punti crollata o in procinto di esserlo (l'ultimo è avvenuto
nel 2005, in facciata alla sinistra dell'ingresso). L'attenzione del visitatore è immediatamente attirata dalla
porta principale
che sembra riportare caratteristiche architettoniche di tipo romano: due piedritti monoliti,
decorati con scanalature, reggono un architrave liscio nella parte superiore e decorato con una modanatura
aggettante, in quella inferiore.
L'intestazione ad un santo di tradizione bizantina, la presenza di un
architrave con caratteristiche molto vicine alla tipologia classica romana, la vicinanza con il nuraghe,
sono elementi che spingono a valutare l'ipotesi che si tratti di un edificio altomedioevale collocabile
quindi intorno al V / VII secolo dopo Cristo, forse ristrutturato in epoca giudicale e nei secoli successivi.
La zona era senz'altro abitata sino al 5° secolo in quanto Daniela Cabras
(*).
ha raccolto cocci romani che
corrispondono a questo secolo; anche qui una ricerca archeologica darebbe risposte più chiare. La chiesa
era ancora in attività nel 1824 ed aveva il pavimento 'a smaldo', come risulta da una relazione parrocchiale
di tale data.
Il nuraghe, che porta lo stesso nome, è stato indagato nel 1995 da esperti archeologi che hanno
riscontrato strutture utilizzate per la vinificazione di periodo romano; l'intera zona doveva essere quindi
ricca di vigne. Anche qui il materiale ritrovato si riferisce ad una frequentazione durata sino al periodo
altomedioevale, ma la relazione di scavo lascia aperta la possibilità che l'insediamento umano sia stato
presente anche in periodi successivi.
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Sa rughe de sa pedra.
Viene chiamata con questo nome una
colonna in pietra,
con sovrastante resti di una statua, posta nel punto in
cui arriva al paese la strada di Pumàri. La leggenda dice che alcune persone abbiano rubato una statua dalla chiesa
di Santa Maria e siano passati in quel punto trasportandola su di un carro; i buoi si fermarono e non ci fu verso
di farli andare avanti fino a quando i ladri non scaricano la statua la lasciano per terra. I bessudesi, quando
l'indomani la ritrovano, decidono di elevare una colonna di pietra e di metterla sopra. Il nome "sa rughe de sa
pedra" sembra invece ricordare una pietra sacra precristiana sulla quale si è sovrapposto il nuovo culto.
Fonti
Alcune informazioni sono state raccolte dalle seguenti fonti:
(*)
Tesi di Laurea, di Daniela Cabras, sul medioevo a Bessude e zone limitrofe.
(**)
notizia fornita da Franco Congiu che ha potuto constatarne la presenza analizzando una foto d'epoca.
(***)
"Architettura Tardogotica e d'Influsso Rinascimentale", di Francesca Segni Pulvirenti e Aldo Sari,
Ilisso Edizioni su incarico del Banco di Sardegna, Nuoro 1994, pag. 248.
- Sito Internet di Bessude;
- l'insegnante Vincenza Carboni.
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