Punto di incontro thiesino
Spazio di dialogo con gli emigrati di Thiesi

a cura di Salvatore Ferrandu per conto del Comitato di Seunis


  testi di Salvatore Ferrandu     editing di Antonio Serra     ospitato su www.nurighe.it   

"Thiesi nella storia"
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< Thiesi nella storia

Le parti in celeste riportano
informazioni storiche generali

Le parti in verde contengono
i riferimenti al paese di Thiesi

Dalle origini all'età del rame      [ TORNA SU ]

PALEOLITICO (da "Paleo" = antico e "Litos" = pietra), da 350.000 a 10.000 avanti Cristo
MESOLITICO (da "Mesos" = medio e "Litos" = pietra), da 10.000 a 6.000 avanti Cristo

Sino a qualche decina di anni fa, quando ancora non erano emerse testimonianze riferibili al Paleolitico, si pensava che l'uomo fosse arrivato in Sardegna nel periodo Neolitico. Il ritrovamento di strumenti litici (di pietra) nell'Anglona, e in particolare a Perfugas, riferibili al periodo Clactoniano (paleolitico inferiore - 100.000 a.C.) ed il materiale rinvenuto nella Grotta Corbeddu di Oliena (osso lavorato e strumenti in selce e ossidiana riferibi­li al Paleolitico Superiore: 35.000 - 10.000 a.C. e al Mesolitico: 10.000 - 6.000 a.C.) hanno colmato la preesistente lacuna ed aperto la via a nuove ed interessanti ricerche.

Allo stato attuale non sono state rilevate testimonianze sulla presenza dell'uomo paleolitico nel territorio di Thiesi e nelle immediate adiacenze.

NEOLITICO (da "Neo" = nuovo e "Litos" = pietra). Si divide in tre periodi:
- Neolitico Antico: 6.000-4.000 a.C.
- Neolitico Medio: 4.000-3.500 a.C.
- Neolitico Recente: 3.500-2.700 a.C.
--- Il periodo Antico è caratterizzato da vita in grotta e i ritrovamenti archeologici sono costituiti da ceramica "cardiale" decorata con impressioni ottenute con conchiglie (cardium edule) e di strumenti in selce e ossidiana.
--- Il periodo Medio, detto anche di "Bonu Ighinu" dai primi ritrovamenti nella grotta omonima in agro di Mara, mantiene la prevalenza del rifugio in grotta ma presenta una ceramica più raffinata con decorazioni impresse o graffite, strumenti e ornamenti in osso e strumenti in selce e ossidiana. In questo periodo si ritrovano delle originali grotticelle artificiali che potrebbero essere il preludio delle successive Domus de Janas. Infatti a Cuccuru Arrius (Cabras) sono state ritrovate tombe scavate nella roccia, con defunti posti rannicchiati accanto al corredo funebre fra cui Idoletti Femminili detti di tipo "volumetrico", perchè caratterizzati da forme arrotondate. Idoletti similari sono stati ritrovati anche ad Olbia, a Muros, a Per­fugas, a Meana Sardo, a Narbolia, a Samassi e a Decimoputzu
--- Il periodo Recente si distingue per la nascita dei villaggi (anche se permane l'utilizzo delle grotte) e per le sepolture in grotticelle scavate nella roccia (tombe ipogeiche) dette comunemente "Domus de Janas" ovvero "case delle fate". La ceramica è ele­gante e riccamente decorata; si confermano gli strumenti in selce e ossidiana ora lavorati con perizia; anche se rari, si ritrovano vasi litici (in pietra); appaiono i primi, anche se rari, reperti metallici. Gli idoletti femminili sono ora di tipo "geometrico", "a placca" e "cicladico", perdendo la precedente volumetria.

In questo periodo si diffonde sempre più la vita nei villaggi caratterizzati da capanne in legno con copertura in strame e un basso muretto in pietra che ne costituisce la base. La forma e la struttura di queste capanne è stata dedotta dalle tombe ipogeiche "Domus de Janas" scavate nella roccia imitando la casa dei vivi, perché già da allora il sentimento della vita era strettamente legato al sentimento della morte. La vita nel sonno eterno era una sorta di prolungamento di quella della abitazione, perciò la tomba prende sempre più l'aspetto di una casa, sia nella forma della pianta che negli elementi architettonici e affinché la casa di giù fosse né più né meno come la casa di su e anche più bella, più raffinata e più accogliente, i vivi ripetono tutto nella tomba; manca solo la luce solare mediterranea, ma anche a questo si rimedia: molte domus hanno il portello di ingresso orientato a est, perché il sole appena sorto illumini le tenebre della morte.
Si mantiene l'uso delle grotte sia come ricovero sia come luogo di sepoltura. I materiali ritrovati sono sempre più raffinati e con differenze tali dai precedenti da far presupporre che appartengano a nuove popolazioni che si sono sovrapposte alle precedenti.

ENEOLITICO (da "Aeneus" = rame e "Litos" = pietra) detto anche "ETA' DEL RAME" o "Calcolitico da "kalcos" = ra­me in greco. Si divide in tre periodi:
- Eneolitico Iniziale:2.700-2.500 a.C.
- Eneolitico Evoluto:2.500-2.000 a.C.
- Eneolitico Finale:2.000-1.800aC
--- Il periodo Iniziale, detto anche di "Filigosa- Abealzu" dalle prime zone di ritrovamento, è caratterizzato da Vasi a Fiasco, Ciotole a Profilo Angolato, Ornamenti di Rame e di Argento.
--- Il periodo Evoluto, detto di "Monte Claro" dalla località omonima vicina a Cagliari, è caratterizzato dalla presenza di ceramiche a Solcature Parallele.
--- Il periodo Finale, detto anche Campaniforme dalla forma delle ceramiche, ha restituito Vasi a Campana con decorazioni geometri­che, Bracciali da Arciere in pietra, Armi e Ornamenti di rame.
Il periodo Neolitico e quello Eneolitico sono riccamente rappresentati in tutta l'isola con ritrovamenti nelle grotte, nelle tombe ipogeiche, nelle strutture dolmeniche e nei più rari villaggi prenuragici.

Thiesi non fa eccezione e presenta una serie di siti archeologici riferiti a questi periodi, alcuni sono di un certo interesse.

Le testimonianze più antiche sono state rilevate nella grotta "Sa Korona" di Monte Maiore dove gli scavi hanno appurato la vita dal Neolitico Antico a.C. (6.000-4.000) sino al pieno Medioevo.

"Sa Korona di Monte Majore" è una vasta cavità di circa 80x40 metri, con altri ambienti minori; sul fondo di uno di questi scaturisce una sorgente che indica la grotta adatta all'insediamento umano. La grotta fu analizzata nel 1954/55 e nel 1977 vi fu effettuata una raccolta di su­perficie; inoltre fu sottoposta ad uno scavo analitico nel 1980.
In quest'ultimo intervento ha restituito, partendo dall'alto, uno strato con materiali della Cultura Ozieri (neolitico recente), più sotto un altro strato con resti fittili (terracotta), litici (di pietra) ed ossei della Cultura di Bonu Ighinu (neolitico medio), ed infine un terzo con ceramiche di ambedue le fasi del Neolitico Antico: "impresso e cardiale" e "Filiestru-Grotta Verde".

Della Cultura di Bonu Ighinu sono stati rinvenuti vasi a superficie nero-lucida decorati con file di puntini o con tacchette poste sull'orlo o alla base del collo; le anse sono decorate con bottoni plastici che in un vaso sembrano rappresentare gli occhi di un volto umano.

Alla Cultura di Ozieri (neolitico recente) appartiene un gruppo di statuine femminili in ceramica del tipo "a placchetta" ed un pezzo di vaso con in rilievo una "protome taurina" (testa di toro).
Sono emerse inoltre delle belle lame di selce ritoccate, piccolissime accette di pietra, strumenti vari di ossidiana nonchè punteruoli e spatole in osso.

Il dott. Pettazzi segnala la presenza, a destra dell'imboccatura della grotta, di un circolo megalitico lungo circa 50 metri e largo 20 con cista centrale chiusa da grossi massi. Un altro circolo più o meno simile anche a Monte Nudu.

TOMBE IPOGEICHE O DOMUS DE JANAS
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Nel Neolitico Recente, detto anche periodo Ozieri o S. Michele, si diffonde l'usanza di seppellire i morti in grotticcelle scavate nella roccia (ipogei da "ipo"= sotto e "geo" = terra) più comunemente dette "domus de Janas" anche se, negli anni ottanta, sono state scoperte a "Cuccuru Arrius" (Cabras) tombe ipogeiche con materiali di Cultura Bonu Ighinu che sembrano indicare che il fenomeno sia precedente al Neolitico Recente.

La tipologia di queste tombe è piuttosto varia e va dal tipo più semplice, caratterizzato da ingresso, anticella e cella principale posti un asse (ad esempio la Domus n° 5 di "Binza 'e Giosso"; vedi riquadro qui a destra), al tipo canonico detto a "T" in quanto sull'asse del tipo precedente si aprono altre due celle laterali a quella principale (vedi tomba dipinta di "Mandrantine" e la tomba n° 2 di "Binza 'e Giosso", sezionata dall'attività di cava) per arrivare alla gran varietà del tipo complesso dove si aprono cellette in tutte le direzioni. E' certo che lo scavo della domus non avveniva in un unico momento costruttivo e pare non fosse casuale.

L'accesso nei tipi più antichi è "a pozzetto"; in seguito si usa un corridoio (dromos) e, se la roccia lo permette, i portelli d'ingresso, spesso sagomati con eleganza, vengono aperti verticalmente su frontoni naturali.

Le decorazioni sono diverse comprendendo la rifinitura dei portelli interni ed esterni, la riproduzione di elementi architettonici come zoccoli, paraste, pilastri con basi, architravi, il trave centrale con i travicelli trasversali del tetto, ed altri elementi che nell'insieme portano a rappresentare l'interno della dimora dei vivi. Queste decorazioni non si limitavano ai rilievi, ma potevano essere completate da colori per evidenziare e abbellire gli ambienti (un documento eccezionale è rappresentato dal soffitto a riquadri restituito dalla celebre tomba di "MANDRANTINE" a Thiesi).

Oltre agli elementi architettonici, la decorazione più ricorrente nelle domus è la "Protome Taurina" che, isolata o ripetuta, naturalistica o stilizzata, rappresenta una divinità simbolo della vita e della riproduzione intesa anche come rigenerazione del defunto nella vita dell'aldilà.

Le domus sono tombe collettive dove, con accanto il corredo funebre, il defunto veniva deposto dopo averlo lasciato all'aperto a scarnificarsi (sepoltura secondaria). Le ossa e il corredo venivano rimossi o spianati per far luogo ad altre sepolture per cui non è facile rilevare se le tombe siano state utilizzate per un gruppo familiare anche se questa per ora è l'ipotesi più accreditata.
Davanti alla domus, nel "dromos" e nell'interno con molta probabilità si svolgevano riti sacri, come fanno pensare le coppelle, i focolari scavati nei pavimenti ed altri elementi.
Qualche millennio dopo gli Etruschi useranno tipologie similari di sepoltura.

L'esistenza nel territorio di Thiesi di diverse Necropoli (le prime tre ai margini del paese) testimoniano l'intensa presenza umana nel Neolitico e nell'Età del Rame.

"BINZA 'E GIOSSO"
Si trova nelle adiacenze del Palazzo Comunale e probabilmente si sviluppava seguendo il frontone roccioso verso "Foddoghine". Sono presenti cinque domus più o meno accorpate; poco più avanti una sesta, isolata ed allagata, appare non finita forse proprio per questa causa, ed ancora una settima che si apre sotto il viottolo che porta a "Foddoghine" in località "Cantareddu". Si può pensare che la necropoli fosse più vasta e che l'attività di cava e la costruzione del Mattatoio abbiano eliminato o nascosto altre domus ivi presenti.

"CUA-CUA"
E' disposta parallelamente a via Gramsci quasi sullo strapiombo di "S'Iscalone": è composta da sette domus molto ravvicinate e, benchè siano interessanti, non possono essere visitate facilmente per la pericolosità del sito.

"SEUNIS e CORINI"
L'insieme di queste tombe, sebbene siano disposte su diversi livelli di altezza in una vallata piuttosto scoscesa e non siano facilmente collegabili fra di loro, dovrebbero essere considerate come un'unica necropoli. Una tomba, che si trova sotto il piccolo anfiteatro presente sul lato sinistro della piazza, è l'unica posta nella parte alta della china ma non è improbabile che ve ne fossero altre ora nascoste dal muraglione di contenimento costruito alla fine del secolo scorso per allargare la piazza. La stessa chiesa di Seunis è stata costruita su un territorio che ha restituito testimonianze molto antiche: la recente rimozione dei marciapiedi ha fatto emergere frammenti ceramici nuragici e/o prenuragici. Una seconda domus si trova sotto lo strapiombo e, dalla posizione inclinata, fa presupporre che il masso dove è stata scavata sia caduto in tempi successivi. Altre due tombe sono state ricavate più a valle in un masso isolato; la forma interna perfettamente squadrata, la presenza di una sola cella e la mancanza di anticella, fanno supporre che si tratti di interventi del Periodo Romano.

"BADDE SERENA"
Una domus, situata nella campagna della famiglia Puggioni, è completamente isolata forse perchè l'intensa attività di cava ha eliminato le altre. Non molto distante, alle spalle della cava di cantoni di Cuccuruddu, vi è una grotticella che sembrerebbe frequentata sin nel più antico passato.

Addentrandosi poco più avanti nella valle, a "Porriu", si può osservare una piccola galleria con la parte anteriore scavata in modo grossolano: sembrerebbe una tomba a pozzetto allungata in epoca successiva (l'ingresso dall'alto è attualmente interrato).

Altre due importanti Necropoli si trovano nell'agro di Thiesi. La prima si divide in due parti: "Sa Pedraia" e "Birgusa".

"SA PEDRAIA"   [ Vedi i rilievi delle diverse tombe - A cura del T.A.G. ]
E' composta da sei ipogei ("ipo" = sotto ; "geo" = terra) o Domus de Janas disposte ravvicinate su una breve parete rocciosa. Una di esse ha l'anticella con tetto spiovente e solcature dell'andamento dei travi, ad imitazione della capanna. Nello stesso ambiente, sulle pareti laterali, sono state scolpite in modo naturalistico due Protomi Taurine (teste di toro) [disegno] [foto] ad indicare che il dio della fecondità avrebbe garantito la rinascita nella nuova vita. Vi sono inoltre residui minimi del colore rosso che doveva ricoprire tutta la cella in segno di rigenerazione. La domus adiacente sulla sinistra ha una cella provvista di pilastro centrale e di piano sopraelevato di decubito (una specie di letto), anche questa ad imitazione delle capanne utilizzate nella vita quotidiana e qui riprodotta per la vita dell'oltretomba. E' probabile che la necropoli fosse più vasta e che sia stata ridotta da una cava immediatamente adiacente sul lato sinistro.
La quasi costante presenza di una cava nelle necropoli ipogeiche (cimiteri scavati nelle roccia) è dovuta alla maggior facilità di estrazione della pietra dove vi sono parti già scavate ed alla buona qualità del materiale, infatti le domus venivano in genere scavate dove la roccia era consistente e di pregio.

"BIRGUSA" E' la naturale continuazione della precedente e la si incontra subito dopo aver superato la piccola valle attraversata dalla mulattiera che congiunge l'altipiano di "Corraile" con la zona di "Ibili" e di "Su Campu 'e Thiesi". Le tombe sono distribuite per quasi tutta la lunghezza del costone roccioso che delimita a sud-ovest la piana di Corraile. Sulla destra vicino alla mulattiera vi è una piccola grotticella appena abbozzata e allagata, come quella di "Binza 'e Giosso", probabilmente abbandonata per la stessa causa. Al di là della roccia a strapiombo di Birgusa si individuano due domus in parte demolite ma perfettamente riconoscibili. Subito dopo una breve interruzione del costone roccioso, vi è la domus più monumentale con una apertura ampia, provvista di architrave a rilievo e di stipiti rifiniti da una ripetuta gradonatura. L'interno è caratterizzato dalla sovrapposizione di due celle: una in linea con l'ingresso e la cella principale, la seconda, ricavata al di sopra della prima, raggiungibile da un'altra cella rialzata posta sul lato destro. Altre due o tre domus sono presenti più avanti. Da segnalare la presenza sul lato nord-ovest (la parte stretta dell'altipiano rivolta verso il Bidighinzu) di una curiosa casetta, in parte ricavata nella roccia, il cui accesso è dato da un lungo corridoio scavato nel pianoro. La tipologia potrebbe far pensare ad una tomba con ingresso "a dromos" (a corridoio) che in una fase successiva sia stata ampliata come piccola abitazione rurale. Nella mulattiera che passa tra la necropoli di "sa Pedraia" e quella di "Birgusa", è stato trovato un piccone in pietra quasi certamente usato per scavare una delle tante domus della zona.

"MANDRANTINE"
E' la necropoli più distante dal paese, forse la meno ricca di tombe, ma è considerata la più importante per la presenza di una Domus, unica ritrovata nell'Isola sino a qualche decennio fa, completamente dipinta. Infatti solo negli anni ottanta ne è stata individuata un'altra in località "S'Incantu" di Putifigari che si distingue per la messa in evidenza delle strutture architettoniche e per i rilievi decorativi, mentre la Domus di Mandrantine si caratterizza per le decorazioni pittoriche.

Descrizione della tomba dipinta.
La tomba III di Mandra Antine o Tomba Dipinta è probabilmente l'architettura ipogeica sarda più interessante dal punto di vista pittorico e decorativo per la rara policromia ("polys" = molto e "khroma" = colore), per gli inusuali motivi decorativi e per la non ancora completamente identificata simbologia che ad essi si riferisce. Fu scoperta nel 1961 dal prof. Ercole Contu che l'esplorò rimanendo affascinato dall'inusuale bellezza del monumento (si dice che in un primo momento pensò di trovarsi davanti ad opera di un periodo successivo) e pubblicò i risultati dei suoi rilevamenti.

L'ipogeo è del tipo a "T" ovvero con anticella, di forma ellittica, posta in asse con una più ampia cella rettangolare; sui lati brevi di quest'ultima si aprono le porte di collegamento con due celle laterali di forma ellissoidale.
Sulla parete frontale della cella principale si ammira una interessante composizione incentrata sulla "falsa porta" che è incorniciata da una banda di color rosso. Una prima fascia, a contatto col soffitto per tutta la lunghezza della parete, è color antracite; una sottostante fascia è color rosso cinabro. Appena più sotto, una prima banda apicata (con punte rivolte verso l'alto) si sovrappone all'architrave della falsa porta seguita da un'altra divisa in due dalla medesima porta. Da questa fascia pendono, ad ogni parte, quattro dischi nerastri e, ai lati, due riquadri per parte anch'essi con disco nerastro. Al centro dell'architrave vi sono tre figure formate ciascuna da due triangoli contrapposti per il vertice e dipinte di nero. Si pensa raffigurino tre immagini femminili riferite a qualche divinità con poteri di rigenerazione della vita. Dopo una fascia di color ocra vi è una striscia rossa che copre orizzontalmente la base della parete (ora è possibile vederla solo in parte).

E' ipotizzabile che la medesima immagine fosse presente anche sulla parete d'ingresso della stessa cella che purtroppo si con­serva solo a metà. Si presuppone che i motivi dipinti rappresentino una figura taurina, occupante tutta la parete, le cui corna sono indicate dalle "bande apicate" e la testa dalla falsa porta. La rappresentazione, estremamente stilizzata, sembra riferirsi al massimo dell'evoluzione espressiva, in senso stilistico e cronologico, della protome taurina (testa di toro) di tipo naturalistico che, da motivo cultuale di piccole dimensioni scolpito per lo più sulle pareti dell'anticella, diventa composizione che occupa tutto il lato lungo dell'ambiente più vasto con carattere prevalentemente decorativo ma mantenendo le finalità cultuali. La figura del toro, sotto qualsiasi aspetto (naturalistico o stilizzato) è collegata con l'ideologia religiosa prenuragica che indica due principi divini: la "Gran Madre" e il "Dio Maschio" espresso appunto dall'immagine taurina. Gli scuri globi pendenti pare si possano raffrontare con gli "oscilla" apotropaici o con i dischi solari rappresentati appesi nelle le corna dell'ariete o del toro nell'Africa settentrionale e riferiti a culti della pioggia o della fecondità. Ricordano inoltre i motivi impressi su di un peso da telaio trovato nella Capanna dello Stregone di "Monte d'Accoddi" (cultura di Abealzu).

La figura dei triangoli contrapposti, dipinta in nero nell'architrave della falsa porta, viene indicata generalmente come decorazione "a clessidra" ed è comunemente interpretata come la rappresentazione geometrizzata del­la figura femminile. Sono state individuate altre rappresentazioni similari nelle domus de janas (Mesu e Montes e Tisiennari) o in frammenti ceramici (trovati a Sa Ucca de Su Tintirriolu, a Monte Maiore di Tiesi, a Monte d'Accoddi, a Serrugiu); in queste ultime rappresentazioni si rileva la presenza in forma semplificata e geometrizzata, di testa, braccia, gambe e pie­di (assenti nei motivi delle domus de janas) della figura femminile, nonché di alcuni particolari come gli abiti e gli ornamenti.
Il soffitto della cella principale, sebbene presenti due spioventi appena rilevabili, evidenzia con chiarezza una trave di colmo longitudinale collegata ai travetti laterali che suddividono il soffitto in venti riquadri, dieci per parte, bordati di rosso. Ogni riquadro ospita una figura dipinta in color avorio su fondo nero componendo un insieme di spirali, pseudospirali, semicerchi e bande oblique semplici e doppie.
Quattro cerchi concentrici con coppella centrale, posti al centro del pavimento della cella dipinta, dovrebbero rappresentare un focolare rituale.

Come già detto, le tombe ipogeiche, o domus de janas, sono la rappresentazione su roccia di una capanna rettangolare con focolare; forse una capanna dedicata al culto, forse una capanna di uso comune. Queste costruzioni, benchè non siano ancora documentate, si presuppone fossero elevate con pali di legno su una base in pietra.

Le altre domus della necropoli sono così disposte: una a sinistra allo stesso livello, una in asse poco più in alto e l'ultima, la più grande, appena più in alto della precedente. Quest'ultima ha l'anticella ampia e di forma semicircolare con ai lati dei finti pilastri (ricorda, in tono minore, la "tomba del capo" di S.Andrea Priu a Bonorva).

Il territorio intorno a Mandrantine è fertile, riparato dai venti e doveva essere in passato intensamente abitato; infatti pare che, arando nelle campagne circostanti le domus, emergano con facilità frammenti ceramici riferibili al Periodo Romano.

Non molto distante vi è la Grotta di Monte Maiore, di cui si è parlato in apertura, nelle cui vicinanze si ritrova il nuraghe a corridoio di "Sa Caddina" A Monte Frulciu una costruzione megalitica ("Sos Codrianzos") non pienamente identificata, ma che potrebbe essere un tempio nuragico, e a "Mandra Ittiresa" sono stati individuati due "menhir".

STRUTTURE DOLMENICHE      [ TORNA SU ]

Si indicano col termine "strutture dolmeniche" le costruzioni di tipo "trilitico" ovvero composte da tre pietre ("tri" = tre ; "litos" = pietra): due verticali (o ortostati) e la terza sovrapposta alle precedenti (piattabanda). Il tipo più semplice è il DOLMEN (dal bretone "tol" = tavola ; "men" = pietra), composto da un trilite provvisto di spalliera e di facciata. Quando il dolmen si ripete in successione si ha un "sepolcro a corridoio" più comunemente detto "allèes couvertes" (dal francese: corridoi coperti). Quest'ultima struttura, nel periodo nuragico, si arricchisce dell'esedra (un muro posto anteriormente a semicerchio con stele centrale più alta dove si apre il portello di ingresso) e prende il nome di Tomba dei Giganti. I Dolmens e le Allées Couvertes appaiono probabilmente nella fase finale del Neolitico (cultura di S. Michele), ma si diffondono nell'età del rame sino al bronzo iniziale.

Nel territorio di Thiesi non è stato al momento rilevato alcun Dolmen riconosciuto tale, ma è opportuno segnalare che in alcuni casi la sovrapposizione di pietre in forma dolmenica potrebbe non essere così casuale come sembra.
Infatti in località Santu Giolzi, nel boschetto di alloro, vi è una specie di dolmen che, considerata l'alta presenza di monumenti nella zona, non è escluso che possa essere stato usato come tomba.

In località "Badde Concone" vi sono i resti di una "allée couverte" che, sebbene sia piuttosto rovinata, se osservata con attenzione lascia intravedere la struttura originale.

Nella nostra zona si possono comunque ammirare lo splendido e monumentale dolmen di Mores detto "Sa Covaccada" e il dolmen presente in località "Runara" (subito dopo la cantoniera di "Pianu" sulla strada per Ittiri-Alghero) che, per la presenza di un terrapieno absidato posto intorno alla struttura principale, può a ragione essere considerato l'antesignano delle Allées Couvertes.
Nella stessa piana, tra il Dolmen e la strada, sono presenti interessanti allineamenti di grossi massi e strutture nuragiche che fanno pensare ad un'area cultuale.
Un altro Dolmen "Su Crastu Covaccadu", sebbene di più modesta dimensione, è segnalato in territorio di Torralba vicino al rio Tilchiddesu.

MENHIRS

I menhirs ("men" = pietra ; "hir" = lunga) sono pietre saldamente piantate per terra (che ospita l'elemento profano uomo) e rivolte verso il cielo (elemento sacro) quasi a significare il tentativo di un costante rapporto fra i due elementi. Possono essere pietre grezze, lavorate o addirittura scolpite ad immagine umana stilizzata (in questo caso vengono chiamate "statue menhirs"); a volte presentano figure antropomorfe (ad immagine umana) a testa in giù forse a rappresentare il viaggio nell'aldilà (in località "Moseddu" - Cheremule - si possono ammirare una serie di queste figure incise nelle pareti della Domus De Janas detta "tomba Branca").

I Menhirs sono posizionati isolati o in gruppo, talora in allineamento, presso i villaggi, in prossimità di tombe, ma si ritrovano anche in siti con i quali al momento non sembrano avere collegamenti diretti. Si pensa comunque che avessero una funzione rappresentativa di tipo generale, un po' come i simboli religiosi cristiani che si trovano un po' ovunque: le croci in ferro o legno poste intorno ai paesi o le statue e le edicole sistemate negli incroci delle strade principali o dei viottoli più frequentati.

L'altezza varia da un massimo di metri 6,50 ad un minimo di metri 0,55. Pare che l'uso di questi simboli sacri, peraltro diffusissimi nell'area mediterranea ed europea nordoccidentale, inizi in Sardegna nel Neolitico Recente e si mantenga sino al periodo romano; solo nella Barbagia i rituali precristiani continuano sino al periodo medioevale come testimoniano alcune fonti storiche indicando che le popolazioni locali adoravano pietre e pali di legno infissi in terra. I menhirs vengono chiamati in sardo "pedras fittas" o "pedras longas".

A Thiesi sono stati rilevati sino ad oggi solo due Menhir posti uno a fianco all'altro in località "Mandra Ittiresa"; il dott. Pettazzi, che li ha segnalati per la prima volta, cortesemente fornisce una breve descrizione: alti circa 7 metri, dei due uno è a sezione quadrangolare e l'altro a sezione cilindro-conica. Nelle vicinanze esiste una sorgente. E' probabile che nel territorio di Thiesi esistano altri mehirs o che ve ne fossero nelle campagne che ancora oggi conservano i toponimi "pedras ficchidas" o "sa pedra longa".

Sempre dott. Pettazzi indica la presenza a "Padru Matteuzzu" e a "Laccanu" di un grosso masso sovrastato da uno più piccolo, triangolare, con l'apice rivolta al cielo.

La prof.ssa Chiarina Loi ha rilevato nelle località di "Su Fraile" e di "Runaghe Maiore" alcuni Mehirs di diverse altezze (da 80 cm a oltre due metri). Purtroppo molte pietre sacre ed altri monumenti (dolmens, allèes couvertes, nuraghi, tombe di giganti, templi, ecc.) furono demoliti per utilizzare le pietre nelle recinzioni conseguenti alla legge delle Chiudende del 1820; legge sospesa nel 1833 in seguito alle sommosse dei pastori spesso istigate dai baroni.

Età del bronzo      [ TORNA SU ]

ETA' DEL BRONZO. Si divide in tre parti:
- Età del Bronzo Antico: 1.800 - 1.600 (Cultura di Bonnanaro)
- Età del Bronzo Medio: 1.600 - 1.300 (Civiltà Nuragica)
- Età del Bronzo Tardo: 1.300 - 900 (Civiltà Nuragica)

Nel Bronzo Antico, detto più comunemente Cultura di Bonnanaro dai primi ritrovamenti nella località omonima, si prepara quella che sarà la Civiltà Nuragica e che darà al territorio sardo la presenza di un'infinità di monumenti di eccezionale e straordinaria bellezza ed originalità dal punto di vista costruttivo.

In Sardegna l'Età del Bronzo Antico è rappresentata dalla Cultura di Bonnanaro, cosi detta dalla località dove furono effettuati i primi ritrovamenti, in genere caratterizzata da vasi di impasto bruno-chiaro con anse a gomito che sono stati ritrovati negli ipogei riutilizza­ti, in tombe dolmeniche ma anche in insediamenti all'aperto e nei nuraghi Con la cultura di Bonnanaro prende avvio la Civiltà Nuragica, che si sviluppa dal Bronzo Medio all'Età del Ferro (circa 1.500-500 a.C.) connotandosi per gli inusuali monumenti civili, religiosi e funerari, per la gran quantità di armi e strumenti in bronzo, nonché per una ceramica d'impasto quasi sempre bruno, rossastro o nerastro, decorata a pettine, a cerchielli, "a stralucido" (nella Sardegna meridionale) e con applicazioni di tipo plastico.

Forse a causa dello sfruttamento delle miniere di rame, in questo periodo si è rilevata la presenza di materiali di provenienza egea (Tardo Minoici, Micenei e Ciprioti). Anche nell'Età del Ferro la Sardegna costituisce uno scalo obbligato per cui lasciano tracce i navigatori provenienti dall'Oriente (Fenici), dalla Grecia (Euboici e Corinzi), dall'Italia tirrenica (Villanoviani ed Etruschi).

LA CIVILTA' NURAGICA

Denominata dal singolare ed imponente monumento che la caratterizza può essere a ragione denominata "civiltà" per la vastità del periodo di sviluppo, per la varietà e per la ricchezza delle sue manifestazioni culturali. Infatti anche se i nuraghi, le colossali torri megalitiche, caratterizzano il paesaggio dell'isola in modo inequivocabile e se i bronzetti sono l'emblema della Sardegna, questi esprimono solo una parte di una realtà assai più complessa che gli studi di questi ultimi anni stanno evidenziando con sempre maggior chiarezza.

La torre nuragica, spesso accompagnata dal villaggio, le tipiche ceramiche con decorazione "a pettine", l'utensileria in bronzo, riferibili al Bronzo Medio, si accompagnano sempre più all'architettura monumentale delle Tombe di Giganti e ai cosiddetti Templi a Pozzo dove avveniva il culto delle acque. Successivamente, forse anche in conseguenza del contatto con altri popoli del Mediterraneo, i nuraghi diventano più monumentali e vi si aggiungono rifasci ed antemurali, i villaggi sono formati da gruppi sempre più complessi di capanne che nell'insieme possono raggiungere centinaia di vani, le tombe e i templi presentano tipologie costruttive più raffinate.

In questa fase avviene l'importazione di oggetti caratteristici della lavorazione metallurgica tipica di Cipro che influenza positivamente la produzione locale, mentre la ceramica, pur mantenendo forme tradizionali, migliora la qualità tecnica e riduce le decorazioni.
E' nella Prima Età del Ferro che la produzione in bronzo raggiunge un'altissima specializzazione e una grande varietà caratterizzata da statuine, barchette votive, armi, ornamenti, ecc. La ceramica, sia pure mantenendo in genere le forme note, si evolve in eleganti e complesse decorazioni "geometriche", incise e impresse od ottenute "a stralucido". Appare anche la grande statuaria in pietra ad immagine delle figure della bronzistica. La fase finale di questa originale civiltà è contemporanea alla nascita delle città fenice; viene infatti documentata una vita parallela al mondo Punico e Romano che produce dei cambiamenti evidenti quali l'uso del tornio rapido per la lavorazione dell'argilla, l'imitazione dell'artigianato di importazione e forse avviene una sempre più rapida integrazione delle popolazioni sarde nella nuova situazione.

I NURAGHI

Sembrerebbe che il nome "nuraghe" derivi da "nura" ovvero cumulo di pietre internamente cavo; essendo la parola non indoeuropea si può pensare che risalga al periodo del suo primo utilizzo.
La prof.ssa C. Loi cortesemente suggerisce anche le interessanti ipotesi etimologiche presentate dallo studioso A. Bresciani: la parola "nuraghe" deriverebbe dalla presenza di un altare all'interno della costruzione e di un altare sacrificale sulla cima del monumento dove si accendeva un fuoco in onore degli dei. Si adorava la fiamma come simbolo del dio stesso. Proprio per queste manifestazioni del culto del fuoco la costruzione veniva chiamata "nuraghe" dalla combinazione di due parole: "nur" = fiamma - "aghs" = veemente, cocente. Sostiene che tale parola potrebbe provenire dall'Oriente: i Fenici chiamavano il fuoco "nar", i Persiani "nur", gli Assiri "nuroh", ed altri utilizzavano termini simili sempre col significato di "luce". Anche in arabo l'aggettivo "harak" vuol dire "cocente" o "bruciante".

L'aspetto generale di un nuraghe è paragonabile a un tronco di cono rovesciato culminante in un terrazzo sporgente; all'interno ha una camera più o meno circolare, dove a volte sono tre nicchie disposte a croce rispetto all'asse della porta; nell'ingresso è praticata a destra una nicchia ricavata nello spessore del muro, subito dopo, generalmente a sinistra, si apre il vano della scala elicoidale che porta al piano superiore e prosegue per il terrazzo. Naturalmente ogni elemento appena descritto si può presentare con caratteristiche diverse ed originali: la camera ellittica, le nicchie (una o più), la cavità di guardia e la scala possono essere invertite; all'interno i vani possono collegarsi attraverso stretti passaggi ricavati nella muratura; le scale possono trovarsi nelle camere invece che nell'andito. Le camere sono in genere coperte a falsa cupola (tholos) mentre i corridoi e le scale hanno copertura a sezione ogivale, ma non è raro trovare altri ambienti coperti a piattabanda. La posizione dell'ingresso oscilla da est ad ovest ed è di preferenza rivolto verso sud.

La muratura è molto consistente (a volte supera i due metri di spessore) ed è fatta in modo che ogni pietra sia ben legata verso l'interno. Non sappiamo esattamente come si costruiva un nuraghe, né abbiamo idea dei mezzi usati per sollevare i blocchi di pietra. Nonostante si pensi che la muratura con pietre squadrate e alternate (opera isodoma) sia prerogativa dell'arte nuragica più elaborata riferita alle tombe di giganti e ai pozzi sacri, ultimamente si è appurato che in tantissimi nuraghi la parte bassa è stata costruita con muratura "ciclopica" ovvero con grosse pietre appena sbozzate, mentre la parte alta ha quasi sempre pietrame generalmente squadrato, a volte con accuratezza. Si pensa che ogni nuraghe culminasse con un terrazzo sporgente sostenuto da mensoloni sui quali poggiava un pavimento di legno e pietre; ciò è confermato da mensole trovate ancora nel posto e da modellini in pietra o bronzo che ne illustrano con chiarezza l'aspetto. La scala che sbucava sul terrazzo forse era coperta da una specie di vano con cupoletta.

Al nuraghe semplice o monotorre si aggiunsero altre torri, da una a cinque, disposte regolarmente o nei modi più diversi ad adattarsi alle esigenze ambientali e collegate da robuste ed alte murature che ospitavano in alto camminamenti e nelle quali si aprivano internamente corridoi di collegamento. Si vennero così a costituire strutture articolate che, a seconda del numero delle torri, vengono chiamati nuraghi bilobati, trilobati, quadrilobati e pentalobati. A volte vi erano dei cortili che permettevano la comunicazione fra i vari corpi. Nei nuraghi complessi talvolta veniva aggiunto esternamente un altro muro di cinta inframmezzato da torri collegate l'una all'altra a costituire così "l'antemurale".

Quando si danno indicazioni sulla Civiltà Nuragica è bene procedere con prudenza ed evitare di supporre ciò che non è stato ancora provato. Non bisogna trascurare che gli studi vanno ancora approfonditi e che c'è ancora molto da analizzare: infatti dei circa settemila nuraghi presenti nell'isola solo pochissimi sono stati scavati e di questi un numero minimo in modo completo.

NURAGHI A CORRIDOIO O PSEUDONURAGHI

I Nuraghi a corridoio non hanno spazi interni coperti "a tholos" perché sono sostituiti da una serie di corridoi o nicchie disposti in orizzontale e non su più piani. Il fatto che lo spessore dei muri sia sproporzionato rispetto ai vani interni fa sorgere molti interrogativi sull'utilità di realizzare una così massiccia costruzione poco comoda da usare come ricovero. Senz'altro anche qui il terrazzo aveva una funzione molto importante assieme alle altre strutture murarie, e costruite con materiale deperibile, ivi sistemate. Alcuni studiosi li ritengono degli edifici elevati nella fase iniziale mentre altri pensano che si riferiscano alla fase finale.

E' certo che i pochi scavi hanno restituito materiali più o meno simili a quelli riscontrati nei nuraghi a tholos, per cui, anche tenendo conto del fatto che in Gallura si trova l'uso della tholos in concomitanza con il sistema a corridoio, si può azzardare l'ipotesi che i due tipi di monumenti siano contemporanei e che la scelta di costruire l'uno o l'altro sia dovuta a criteri che purtroppo non si è ancora riusciti ad individuare.

Solo uno studio sistematico di questi non numerosi monumenti (circa una settantina diffusi in tutta l'isola ad eccezione del centro-orientale e dell'Iglesiente) potrà dare risposte più sicure.

In questi ultimi anni qualche studioso sta valutando l'ipotesi che le strutture a pianta angolata (come il nuraghe di Fronte Mola) possano essere stati costruiti solo per utilizzare il terrazzo come spazio sacro innalzato e quindi più vicino alla divinità. Questo sistema costruttivo dovrebbe garantire maggior stabilità, rispetto ad una struttura similare piena, grazie all'elasticità ottenuta dai corridoi e dalle nicchie.





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Nuraghi presenti nell'agro di Thiesi.
Si riporta il toponimo, l'altitudine e la posizione nelle carte topografiche I.G.M. (Istituto Geografico Militare)

--- A "Possilva" vi sono tracce di un nuraghe e di murature in opera squadrata di costruzione successiva. Pare che in questa zona siano stati trovati reperti di età punica. La pulizia del sito, un buon rilievo e qualche scavo potrebbero dare maggiori ed interessanti informazioni sul monumento. (Carta topografica IGM - 453 - indicato solo nelle carte dei primi del 900).

--- A "Silvalezzi", mammellone posto alle spalle dell'industria casearia dei F.lli Pinna, vi sono tracce basali di un probabile nuraghe trilobato (IGM - 467 - indicato solo nelle carte dei primi del 1900). Intorno al nuraghe non si rilevano tracce di capanne in quanto si presuppone che venissero usati come ricovero-abitazione i tanti riparoni presenti tutt'intorno nella zona.

--- A "Badde Maltine", non lontano dal primo incrocio (campagna di Chiccu Uneddu), vi sono tracce di costruzioni megalitiche di difficile interpretazione ma sicuramente riferibili al nuragico (IGM - 488 - non indicato nelle carte).

--- Per "Santu Sistu", poco distante dai ruderi della chiesetta omonima, si conserva ancora il ricordo di qualche pietra basale di un piccolo nuraghe disposto su una collinetta in vista di "Badde Selo" (IGM - - non indicato nelle carte).

--- A "Monte Pelau", vicino alla casa rurale Demartini, vi sono tracce di mura nuragiche e di capanne ad indicare un insediamento abbastanza ampio; un rilievo del terreno di forma semicircolare potrebbe nascondere i resti di una struttura nuragica (IGM - - non indicato nelle carte).

--- A "Monte Pelau", in prossimità di "Iscala Murones" e di "Monte Peiga", vi sono tracce di mura nuragiche (IGM - - non indicato nelle carte)

--- A "Larista" vi sono tracce di un nuraghe posto in posizione di dominio della sottostante "Badde 'e Selo" (IGM - 527 - indicato nelle carte).

--- A "Santu 'Ainzu" vi è un piccolissimo nuraghe posto sul lato sinistro della strada nel punto di accesso all'altopiano (IGM - 506 - indicato nelle carte).

--- A "Runaghe", posto in prossimità del bivio per Romana e del "Ponte 'e Trevoga", si conservano solo alcuni filari di base ad indicare la presenza di un piccolo nuraghe purtroppo quasi completamente cancellato dalla presenza di una cava di trachite attiva negli anni 50 (IGM - 404 - indicato nelle carte).

--- A "Colte 'e Unari" vi è un nuraghe a tholos apparentemente elevato su di una preesistente costruzione nuragica "a corridoio" (IGM - 433 - indicato nelle carte). Questo monumento, assieme ai vicini di "Su Eredeu" e di "Fronte 'e Mola", andrebbe studiato con attenzione per tentare di capire perchè tre strutture "a corridoio" siano state disposte nello spazio di un chilometro e mezzo sul frontone di roccia che si affaccia sulla vallata del Bidighinzu.

A "Crastu de Giolzi" vi sono tracce di un nuraghe con resti di murature disposte intorno; un buon rilievo potrebbe ricostruire la pianta di un interessante nuraghe complesso (IGM - 436 - segnato nelle carte).

A "Sa Mura" vi è un nuraghe che conserva una certa altezza anche se il crollo non consente di leggere con chiarezza la forma originale (IGM - 448 - indicato nelle carte).

A "Montiju 'e s'Ozzastru", in prossimità del "Campu 'e Thiesi", ci sono tracce basali di un piccolo nuraghe del quale qualche anziano che frequenta la zona ha asserito di aver sentito parlare in gioventù (IGM - - non indicato nelle carte).

A "Monte 'e Mesu" vi sono i resti di un nuraghe piccolissimo posto nella punta più alta (IGM - 545 - non indicato nelle carte). Poco più in basso vi sono tracce di una costruzione di cui non si è ancora compresa la natura e, poco più lontano, una grossa pietra cilindrica, provvista di alcune vaschette, che è stata scavata a risparmio o collocata in un' area ben definita che pare fosse destinata a luogo di culto. Purtroppo questo interessante sito non è stato mai analizzato e studiato con attenzione per cui non si hanno indicazioni sulla collocazione cronologica.

A "Calzarinu" vi sono tracce di un nuraghe disposto su di una sporgenza rocciosa e provvisto di una specie di antemurale; alle spalle sono presenti una serie di capanne ad indicare la presenza di un antico centro abitato (IGM - - non indicato nelle carte).

A "Monte Pizzinnu" vi sono tracce di un nuraghe (IGM - 531 - indicato nelle carte). Tutt'intorno vi sono grossi lastroni in pietra e più in basso, a destra e a sinistra della mulattiera che porta a Monte Mitti, si intravedono tracce basali di costruzioni rettangolari di probabile età romana.

A "Frenestas" si possono ammirare i resti di un suggestivo nuraghe posto su di una appendice rocciosa sospesa nel vuoto (IGM - 489 - segnalato nelle carte come "nuraghe Mitti" e indicato forse per errore fuori dai limiti comunali).

Nuraghi a corridoio o pseudonuraghi
Così detti per il fatto che gli edifici sono coperti con lastre di pietra (sistema piattabandato) che permettono di ottenere solo vani stretti e lunghi simili a corridoi.

A "Fronte 'e Mola" vi è un nuraghe a corridoio a pianta rettangolare con l'interno attraversato da un corridoio longitudinale ove si aprono due nicchie a sinistra e due a destra; dalla prima di queste ultime partiva la scala di collegamento con un ampio terrazzo superiore che ha la parte sinistra delimitata da un basso muretto appartenente forse ad una capanna o ad un recinto sacro. Si tratta del più grande e meglio conservato monumento di questo tipo anche se purtroppo non si hanno informazioni precise sul periodo di costruzione e sulle funzioni cui era destinato (IGM - 456 - è indicato nelle carte recenti col toponimo "Su Sauccu" e nelle più antiche con "Mesu 'e Roccas"). Il sito è stato sicuramente frequentato in epoca punica in quanto vi sono stati trovati reperti appartenenti a quel periodo.

--- A "Sa Caddina", sopra l'omonimo riparone e non lontano dalla grotta di Monte Maiore, si riconosce un nuraghe a pianta circolare ma con sviluppo interno "a corridoio"; questa almeno è la tesi del prof. Giovanni Lilliu che lo illustra nel libro "La civiltà Nuragica" a pag. 18 (IGM - 550 - indicato nelle carte).

A "Su Eredu", distante 500/600 metri da "Fronte 'e Mola", vi è un altro nuraghe a corridoio inserito fra le rocce, con la stessa pianta del precedente ma di ridotte dimensioni.

--- A "Colte 'e Unari", già citata per i nuraghi a Tholos, sembra vi sia un nuraghe a corridoio con sopraelevazione di una torre circolare; un ingresso della struttura sottostante è stato murato per sostenere il peso della muratura aggiunta.

Fine della prima parte
Quanto prima sarà inserita un'altra porzione di "Thiesi nella storia"
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AntonioSerra©2003-06